Benefici del digiuno intermittente sul dimagrimento | Dott. Massimo Spattini VitaminCenter
Che cos’è il Digiuno Intermittente
Il digiuno intermittente (IF) si presta senza dubbio a un approccio finalizzato al dimagrimento. Può essere strutturato in diversi modi, per esempio:
- digiunare parzialmente, a giorni alterni;
- 2 giorni alla settimana;
- 16 ore di digiuno e 8 ore di alimentazione ogni giorno (quello più praticato).
Quest'ultimo si può attuare più facilmente. Partendo dall’ultimo pasto serale, per esempio, si riesce a sfruttare il digiuno notturno, normalmente di 8-10 ore, cui fa seguito il salto della colazione e si arriva direttamente al pranzo; oppure partendo dalla colazione, facendo una serie di pasti fino alle 14.00-15.00 e, da quel momento, digiunando fino alla colazione del giorno dopo.
Le diverse modalità di esecuzione di questa dieta sono in funzione della propria capacità di adattamento. Per esempio, riferendoci alla Cronomorfodieta, un individuo androide ipercorticosurrenalico sarebbe maggiormente propenso a saltare la colazione, in quanto ha la glicemia alta già di mattina.
Questo approccio dietetico di IF o Digiuno Intermittente a mio giudizio funziona: ci sono studi che dimostrano l’abbassamento della glicemia, una migliore sensibilità insulinica, una maggiore lipolisi e un aumento dell’adrenalina e del GH, che è un ormone lipolitico.
Digiuno Intermittente e studi scientifici
Gli studi sull’IF e la perdita di peso, in realtà sono spesso contradittori anche perché sono sempre mancati trial clinici randomizzati a lungo termine per valutare la reale efficacia di questo metodo. Ma nel 2017 è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA International Medicine uno studio, durato un anno, effettuato su 100 persone.
Lo studio ha scoperto che l’IF non ha prodotto maggiore perdita di peso o protezione dalle malattie cardiovascolari rispetto alla semplice restrizione calorica. I ricercatori hanno riscontrato che coloro che sperimentavano l’IF avevano più difficoltà a seguire la dieta ed erano più predisposti a uscire dalla sperimentazione rispetto a coloro che seguivano la dieta a restrizione calorica quotidiana.
I risultati hanno dimostrato che digiunando a giorni alterni non si hanno risultati superiori nella perdita di peso, nel mantenimento del peso e negli indicatori di rischio cardiovascolare.
Riassumendo, tutti gli studi scientifici presenti in letteratura suggeriscono che l’IF, se combinato con una dieta e uno stile di vita sani, può essere un approccio particolarmente efficace per la perdita di peso, specialmente per le persone a rischio di diabete. In alcuni studi si è osservato, però, anche l’effetto negativo di un aumento delle LDL (Low Density Lipoprotein), cioè il cosiddetto colesterolo “cattivo”.
Ciò potrebbe essere imputabile all’abbassamento del metabolismo tiroideo in seguito ai giorni di digiuno.
A mio avviso, l’IF quotidiano è una dieta praticabile solo per periodi limitati di tempo, cosa che può andare bene per alcuni, ma non per tutti. Viceversa praticato una-due volte alla settimana può avere senz’altro effetti positivi: tamponare l’aumento di peso, senza favorirne però il calo.
Non esiste una regola assoluta al riguardo, è un percorso praticabile per i soggetti che ne traggono realmente beneficio.
Le persone con diabete avanzato o che assumono farmaci per il diabete, quelle con una storia di disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia e le donne in gravidanza o in allattamento non dovrebbero tentare l’IF se non sotto stretto monitoraggio medico.
Digiuno intermittente e sport
L’IF o Digiuno Intermittente è, comunque, una pratica che ha trovato molto seguito nel mondo del fitness come approccio finalizzato a migliorare la composizione corporea.
In realtà, quasi tutti gli studi sul Digiuno Intermittente sono stati svolti su individui in sovrappeso che praticavano sport o comunque non allenati. L’unico studio che prende in considerazione bodybuilder allenati è quello di Moro et al. (2016), in cui sono stati reclutati 37 atleti con almeno 5 anni di esperienza di work out con i sovraccarichi, che si allenavano 3 volte alla settimana con una split routine e allenavano ogni gruppo muscolare una volta alla settimana.
I partecipanti allo studio sono stati divisi in due gruppi e tutti hanno seguito per 8 settimane una dieta suddivisa in tre pasti che rimaneva fedele al loro abituale introito calorico misurato prima dell’inizio dello studio.
Un gruppo consumava i pasti alle ore 8.00, 13.00 e 20.00 (gruppo ND), l’altro alle ore 13.00, 16.00 e 20.00 (gruppo TRF), secondo il concetto del Time Restricted Feeding (TRF), una variante dell’IF.
Dopo 8 settimane, il gruppo TRF aveva registrato una significativa diminuzione della massa grassa (–16,4% vs. 2,8% nel gruppo ND), mentre la massa magra si era mantenuta in entrambi i gruppi (+0,86 vs. +0,64).
Il testosterone totale, l’IGF-1 e il T3 erano calati significativamente nel gruppo TRF e non nel gruppo ND. Le conclusioni che si possono trarre da questo studio possono essere che il TRF è una pratica che può favorire una maggiore perdita di grasso corporeo anche a parità di calorie assunte (soprattutto in una persona che si allena, visto che altri studi su persone sovrappeso non allenate avevano dimostrato il contrario) e che il calo degli ormoni anabolici (T e IGF-1) non determina però un maggiore catabolismo muscolare.
Quest’ultima evidenza, cioè il calo degli ormoni anabolici, suggerisce però che il TRF non rappresenta una pratica indicata per l’aumento della massa muscolare.
A mio parere, in genere, il Digiuno Intermittente per l’aumento della massa muscolare è un approccio che non trova alcun fondamento né pratico, né scientifico, né sul campo.
Se il Digiuno Intermittente può favorire la diminuzione del grasso e forse ancor più del “peso” corporeo, se diminuisce i livelli di emoglobina glicata (insulina e resistenza insulinica), se aumenta i livelli di adrenalina e noradrenalina e glucagone, se diminuisce l’infiammazione legata all’assunzione di alimenti non tollerati, se promuove l’autofagia a livello cellulare e mitocondriale, non promuove però l’aumento della massa muscolare.
Questo non significa che con il Digiuno Intermittente non si possano avere risultati in termini di aumento di massa muscolare, ma solo che non è l’approccio migliore perché - oltre a rendere più difficile un “nutrient timing” adeguato - non induce la condizione ormonale ottimale e non permette di sfruttare al massimo quello stimolo della sintesi proteica, che avviene con l’assunzione di una quantità di proteine che contenga tutti gli aminoacidi essenziali insieme ad almeno 3 g di leucina, e che permane solo per alcune ore dopo il pasto.
Non è un caso se i campioni di bodybuilding spesso consumano almeno sei pasti al giorno e in alcuni casi viene raccomandato anche uno shaker proteico durante la notte per contrastare il rallentamento della sintesi proteica notturna causato dal digiuno protratto.
Nutrient timing
Per quanto riguarda il nutrient timing ritengo che sia un fattore aggiunto da considerare; d’altro canto, innumerevoli studi di cronobiologia lo dimostrano, anche se per quanto riguarda l’aumento della massa muscolare non lo ritengo certo il più importante.
- Al primo posto metto il quantitativo calorico, in quanto un eventuale deficit calorico non permetterebbe un bilancio dell’azoto positivo, tranne in rare eccezioni;
- Poi viene il bilancio dei macronutrienti, dove le proteine la fanno da padrone, perché se c’è una carenza proteica non si può aumentare la massa muscolare;
- I carboidrati e i grassi sono relativamente interscambiabili (entro certi limiti);
- Successivamente vengono i micronutrienti, perché se ci sono subcarenze di vitamine e minerali, che sono cofattori enzimatici, i processi enzimatici di sintesi proteica non possono avvenire nella maniera migliore, mentre per aumentare la massa muscolare l’organismo deve funzionare in modo ottimale.
Non è detto, quindi, che l’aumento di massa muscolare non sia possibile anche in regime di digiuno intermittente, ma a mio parere non è certo la soluzione migliore.
Se proprio si vuole adottare un regime di Digiuno Intermittente, si deve fare in modo che l’allenamento sia svolto nella finestra alimentare oppure al termine del periodo di digiuno, in maniera che il catabolismo venga subito interrotto a favore dell’anabolismo.
A questo punto, in ordine di importanza, metterei il nutrient timing prima dell’uso di integratori, e voi sapete quanto io ritenga utile l’uso di integratori.
Infine, ovviamente, non raccomando l’allenamento con i sovraccarichi di natura anaerobica con finalità ipertrofiche in condizioni di digiuno, in quanto ritengo che così facendo prevalgano le condizioni cataboliche che possono, sì, essere compensate successivamente, ma non in maniera ottimale.
Un’altra ragione per la quale ritengo che per un atleta di bodybuilding non sia opportuno saltare la colazione al mattino è che fare colazione al mattino aiuta a regolare il metabolismo, poiché una certa quantità di carboidrati al mattino dà un segnale per la produzione soprattutto di ormoni tiroidei, che sono quelli maggiormente coinvolti nella regolazione del metabolismo. Viceversa, non assumere cibo nei primi 30-60 minuti dopo essersi alzati sarebbe un segnale di “carestia” al quale l’organismo risponderebbe riducendo la lipolisi (il consumo di grassi) e favorendo la produzione di cortisolo, con effetto catabolico.
A questo punto cominciamo ad avere delle informazioni che ci interessano in funzione dell’allenamento.
Se, in una persona normale, un po’ di catabolismo mattutino potrebbe essere facilmente recuperato con i pasti successivi, in un atleta che si allena ciò potrebbe essere più difficile, soprattutto se l’allenamento è effettuato nella condizione stessa di catabolismo. Inoltre, bisogna considerare quale tipo di allenamento ci interessa, perché, in alcuni casi, anche il catabolismo può essere utile, a seconda dell’obiettivo.
Digiuno Intermittente: quando è utile per chi si allena
Per esempio, se l’obiettivo è l’endurance, allenarsi la mattina a stomaco vuoto favorisce l’utilizzo del catabolismo lipidico a scopo energetico, abituando l’organismo all’utilizzo dei lipidi a scopo aerobico. Inoltre, anche il catabolismo proteico predispone l’organismo alla capacità di utilizzo degli aminoacidi a scopo energetico.
Questi adattamenti metabolici saranno molto importanti nel momento della competizione di lunga durata, quando l’organismo sarà in grado di usufruire del tessuto lipidico e muscolare per ottenere le energie necessarie per completare al meglio la prestazione sportiva senza correre il rischio di depauperare le riserve di glicogeno muscolare con conseguente calo della prestazione.
Un’altra situazione, in cui ci può essere una buona ragione per allenarsi a stomaco vuoto, è quando l’obiettivo è il dimagrimento. Infatti, in un’attività aerobica steady state, cioè a intensità costante e moderata, poiché la glicemia è più bassa - come anche i livelli di glicogeno muscolare - l’organismo allenato utilizzerà soprattutto i grassi a scopo energetico, data la maggiore disponibilità di substrato e i più bassi livelli di insulina a causa del digiuno.
Digiuno Intermittente e Biotipi
A mio parere, in questo caso bisogna considerare il biotipo della persona: se l’individuo è iperlipogenetico, (quello che tende ad accumulare grasso nella parte superiore del corpo e nell’addome) cioè tendenzialmente ipercorticosurrenalico, con livelli di cortisolo e glicemia già alti al mattino, anche l’attività aerobica non sortirà gli effetti desiderati e, anzi, potrebbe portare soprattutto alla perdita di muscolo data l’attività catabolica del cortisolo.
Se non si appartiene a questo biotipo, invece, l’aerobica al mattino a digiuno può dare ottimi risultati per il dimagrimento in quanto questi soggetti hanno tendenzialmente la glicemia più bassa e soprattutto dopo il digiuno notturno, ma allo stesso tempo non tendono ad avere livelli di cortisolo elevati.
Nel caso si appartenesse al morfotipo ipolipolitico (che è quello che tende ad accumulare grasso nella parte inferiore del corpo) potrebbe essere utile, invece che allenarsi a digiuno, consumare una colazione lipidica. In uno studio del 2007 (Polak et al.) si è visto che un pasto lipidico assunto dopo il digiuno notturno inibiva l’effetto antilipolitico dei recettori alfa-2 durante l’esercizio aerobico a bassa intensità.
I ricercatori suggeriscono che l’ingestione di lipidi, promuovendo un aumento degli acidi grassi liberi plasmatici, modifichi la risposta lipolitica dipendente dal rapporto tra l’attivazione dei recettori beta-2 (stimolanti la lipolisi) e l’inibizione degli alfa-2 (inibenti la lipolisi) a livello della membrana cellulare dell’adipocita.
Ciò va tenuto in considerazione soprattutto nel caso di depositi di grasso localizzato ostinato che risponde poco allo stimolo catecolaminergico indotto sia dall’allenamento sia dalla dieta, proprio perché questo grasso ha una concentrazione maggiore di recettori alfa-2 antilipolitici.
Quindi un pasto lipidico a colazione prima dell’aerobica potrebbe essere particolarmente indicato per i soggetti ipolipolitici che hanno una predominanza estrogenica che aumenta la concentrazione dei recettori alfa-2 antilipolitici. Il discorso è diverso se ci si allena per aumentare la massa muscolare o la forza. Innanzitutto, per questo tipo di allenamento è importante anche una naturale attivazione del sistema neuromuscolare, che al mattino presto fatica un po’ e ha bisogno di tempo per massimizzare le proprie capacità. Questa è una delle ragioni per cui anche se il testosterone è alto al mattino, la forza è minore. Inoltre, se ci alleniamo con i pesi per la forza e la massa, l’allenamento è per forza di tipo anaerobico, quindi può utilizzare solo i carboidrati a scopo energetico. Se questi non ci sono perché siamo a digiuno, le proteine (dei muscoli) saranno convertite in glucosio tramite la gluconeogenesi e questo non va certo bene.
Dott. Massimo Spattini
Il parere professionale del Dott. Massimo Spattini si basa su studi scientifici internazionali e sulla sua esperienza in Medicina dello sport e in Scienza dell'alimentazione. La diffusione dell'articolo da parte di Vitamincenter ha esclusivamente valore divulgativo e non vuole essere in alcun modo un’indicazione terapeutica.