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Carboidrati a cena per dimagrire

Carboidrati a cena per dimagrire | Dott. Spattini VitaminCenter

Un luogo comune diffusissimo anche nel bodybuilding è che, se si vuole dimagrire, non bisogna consumare i carboidrati alla sera. Alcuni dicono dopo le 18 altri dopo le 14. Non si sa bene da dove provenga questo “dogma”, forse è legato a detti della saggezza popolare quali “a colazione mangia come un re, a pranzo come un principe e a cena come un povero” oppure “fai colazione per due, dividi il pranzo con un amico e dai la cena al tuo nemico”.

Queste credenze popolari si riferiscono però alle quantità di cibo, probabilmente mettendole in relazione al rallentamento del metabolismo e quindi alle capacità digestive dell’apparato gastrointestinale che, dopo le 22, tende ad andare in riposo funzionale e quindi per un ottimale recupero organico non deve essere sovraccaricato. Queste credenze popolari infatti non distinguono i carboidrati dalle proteine. 

 
Probabilmente i bodybuilders e le persone wellness-oriented, molto attenti alla regolazione della loro glicemia - considerata l’insulina un ormone ingrassogeno - temono che l’eventuale picco insulinico serale secreto da un pasto ricco di carboidrati possa compromettere il loro sforzo per mettersi in forma. 

Le opinioni e gli studi degli esperti 

 

In effetti uno studio di Jacobs e colleghi, comparso su “Cronobiologia” nel 1975, confermava la tesi sopra citata. Dimostrava che un unico pasto giornaliero di 2000 kcal se somministrato alla mattinata provocava una diminuzione di peso mentre se somministrato alla sera non provocava alcuna variazione di peso. In opposizione, Caviezel e colleghi, in “Obesity: Pathogenesis and treatment”, nel 1981, dimostravano che la somministrazione serale di un mono pasto giornaliero di 600 kcal in soggetti obesi maschi comportava un calo di peso superiore rispetto allo stesso pasto consumato al mattino. 

Già a questo punto appare evidente un differente risultato nei due studi che però erano stati eseguiti su tipologie di soggetti diverse: il primo su soggetti normopeso, il secondo su soggetti obesi. Gli obesi hanno forse una risposta crono-metabolica differente? In effetti, a sostegno di questa ultima ipotesi arriva, nell’aprile 2011, un nuovo studio su 78 poliziotti israeliani. 

Sofer S. e la sua equipe della Facoltà di Agricoltura, Cibo e Ambiente dell’Istituto di Biochimica e Scienze della Nutrizione dell’Università di Gerusalemme (Israele), hanno condotto uno studio per determinare gli effetti di una dieta ipocalorica con i carboidrati consumati prevalentemente a cena. Lo studio ha coinvolto 78 poliziotti sovrappeso con indice di massa corporea superiore a 30 (l’indice di massa corporea è un parametro del rapporto altezza /peso che dà la misura di quanto ci si discosti dal peso ideale). 
I poliziotti, secondo i parametri sopra citati, risultavano essere obesi con caratteristiche androidi o iperlipogenetiche. 

I soggetti dello studio sono stati divisi in due gruppi seguendo un criterio di casualità, ciascuno dei quali ha seguito per sei mesi una dieta di circa 1300-1500 kcal, composta da: 20% di proteine, 30-35% di grassi, 45-50% di carboidrati. 

Il gruppo sperimentale consumava i carboidrati prevalentemente a cena mentre il gruppo di controllo li consumava in maniera frazionata nei vari pasti della giornata. In pratica il gruppo sperimentale seguiva una dieta low-carb (bassa in carboidrati) durante il giorno consumando i carboidrati prevalentemente a cena. 
 
La cena per il gruppo sperimentale consisteva in due possibili alternative: 

a)      2-4 fette di pane + 2 cucchiai di formaggio fresco spalmabile oppure una sottiletta, mezza scatoletta di tonno, un’insalata mista, un cucchiaio di olio oppure un quarto di avocado, uno yogurt alla frutta o un gelato dietetico o due biscotti o un dolcetto; 

b)      Una porzione di riso, pasta o legumi oppure 1-2 patate o 1-2 patate dolci un cucchiaio di salsa di carne (intingolo per arrosto), verdura cotta o un’insalata mista, un cucchiaio di olio o un quarto di avocado, uno yogurt alla frutta o un gelato dietetico o due biscotti o un dolcetto. 

In ogni caso non esattamente una dieta “salutistica” o da atleta; occorre considerare che i soggetti dello studio erano individui sovrappeso e che complessivamente la dieta era comunque ipocalorica e, perciò, dimagrante. 

I risultati dello studio, scioccanti per i più ma non certo per me, sono i seguenti: una maggior perdita di peso, con conseguente riduzione della circonferenza del girovita e riduzione della massa grassa, fu osservata nel gruppo sperimentale che aveva consumato i carboidrati prevalentemente a cena rispetto al gruppo che aveva consumato i carboidrati suddivisi durante la giornata. 

È stato inoltre riscontrato un notevole miglioramentodella glicemia a digiuno, della resistenza insulinica, del colesterolo totale, LDL e HDL (è cioè diminuito il cosiddetto colesterolo cattivo e aumentato quello buono) e dei markers infiammatori (proteina C – reattiva (PCR) , fattore di necrosi tumorale – α ( TNF – α ) e interleuchina -6 (IL -6). (Sofer S. Eliraz A. Kaplan S, Voet H. Fink G, Kima T, Madar Z, Greater Weight Loss and Hormon Changes After 6 Months Diet With Carbohydrates Eaten Mostly at Dinner. Obesity, (Silver Spring), 2011 Apr 7, (E-pub, ahead of print). 

Gli autori di questo studio speculano che questi risultati, nel  gruppo che assumeva carboidrati a cena, siano dovuti  ad una maggior produzione di adiponectina che è un ormone antinfiammatorio; il che spiegherebbe la diminuzione dei markers infiammatori ed il miglioramento della sensibilità insulinica. Inoltre lo stimolo della leptina, che è un ormone anoressante, la cui produzione è stimolata dal picco di insulina a seguito del pasto serale ricco di carboidrati, favorirebbe un livello di leptina più elevato durante tutto il giorno che si tradurrebbe con una minor ingestione di cibo. 

La leptina: cos’è e come agisce sulla fame 

 

Spendiamo ora due parole sulla leptina, il cosiddetto ormone della sazietà, secreto dagli adipociti del tessuto adiposo. È stato visto che gli individui che hanno una deficienza di leptina assumono più calorie; coloro che non producono leptina hanno un aumento della fame ed un alterato meccanismo della sazietà e quando a questi individui carenti di leptina viene somministrata la leptina, la loro fame diminuisce. 

La riduzione della leptina, che avviene durante la dieta ipocalorica, è un segnale di deficit nutrizionale che comporta l’aumento della fame per compensare questo deficit. Per questo i bodybuilders sotto gara sono sempre così affamati, soprattutto se seguono diete low carb. 

 
Quando la leptina si abbassa avvengono alcuni meccanismi di adattamento finalizzato alla sopravvivenza: il metabolismo si abbassa, diminuisce la vitalità - per cui si ha sempre meno energia - e viene inibito l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi diminuendo la produzione di testosterone ed estrogeni. Questo perché in condizioni di carenze alimentari non è opportuno sprecare energie finalizzate per avere figli che troverebbero probabilmente problemi di sussistenza. 

È l’insulina fondamentalmente l’ormone che stimola la produzione di leptina e, di fatto, consumare ogni tanto un pasto libero ricco di carboidrati può aiutare il dimagrimento favorendo la produzione di leptina e stimolando il metabolismo. 
 
Che sia l’insulina lo stimolo della produzione della leptina, e non i livelli di glucosio, lo dimostra il fatto che negli individui insulino-resistenti, che hanno quindi valori alti di insulina ma glicemia nella norma, i valori di leptina sono più alti. Il problema è che in questi soggetti, soprattutto se obesi, esiste anche la leptino-resistenza e quindi, anche l’eventuale aumento di leptina non produce i risultati anoressanti desiderati. 

 
Altro ormone implicato nella regolazione dell’appetito è la Ghrelina che è secreto prevalentemente dallo stomaco e dal pancreas ed è antagonista alla leptina: stimola l’appetito. 

La Ghrelina: cos’è e come agisce sulla fame 

 

La Ghrelina, stimolando l’ipofisi, stimola la secrezione dell’ormone della crescita, la prolattina e l’ACTH (ormone adrenocorticotropo), inibisce l’asse ipofisi-gonadi ed influenza negativamente il sonno. L’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrenali porta alla maggior produzione di cortisolo, ormone che regola le risposte adattive alle varie fonti di stress tra cui sottolineo anche le scelte alimentari. 

La Ghrelina è soppressa soprattutto da un pasto ricco di carboidrati in quanto è l’insulina che ne inibisce la produzione. Infatti negli individui insulino-resistenti la regolazione della secrezione della Ghrelina, successiva ad un pasto ricco di carboidrati, è alterata. 
La Ghrelina, tra l’altro, agisce sul metabolismo dei grassi diminuendone l’utilizzo. Questa apparente controindicazione è invece coerente con una situazione di carestia, dove l’obiettivo è cercare il cibo tramite la motivazione data dallo stimolo della fame e risparmiare il grasso di deposito inteso come preziosa risorsa energetica.  

Cortisolo: la chiave di lettura 

 

A questo punto è naturale fare una considerazione:  se la chiave di lettura di questo studio fosse la stimolazione della leptina, come suppongono gli autori, il cui effetto sarebbe soprattutto sulla modulazione dell’appetito, non viene giustificato il fatto che gli individui col pasto serale a base di carboidrati a parità di calorie totali giornaliere (1300.1500) siano calati di più rispetto a quelli che avevano i carboidrati frazionati negli altri pasti e lo stesso dicasi per quello studio di Caviezel che comportava l’assunzione di un solo pasto serale di 600 kcal. 
 
Ebbene ci deve essere qualche altro fattore! 

Qui subentra il cortisolo: questi individui obesi probabilmente appartengono al morfotipo iperlipogenetico caratterizzato da obesità di tipo androide con prevalenza dell’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surreni e quindi con maggior produzione di cortisolo. 

Infatti diversi studi effettuati su animali e uomini hanno dimostrato un rapporto inverso tra cortisolo e leptina. Cortisolo alto e lepitina bassa sono una caratteristica sia di modelli animali di depressione sia di persone affette da disturbi dell’umore. 

Inoltre i carboidrati favoriscono la produzione di serotonina e conseguentemente di melatonina che ha anch’essa un effetto inibente sulla produzione di cortisolo. 
Quindi se il cortisolo ha come effetto acuto quello di promuovere l’ossidazione dei trigliceridi, a lungo termine aumenta l’assunzione di cibo ed essendo iperglicemizzante, favorisce la resistenza insulinica. In questo modo viene provocato l’aumento di grasso corporeo soprattutto a livello viscerale, centrale e nel dorso. 
È esperienza comune conoscere qualcuno che dopo terapia protratta con corticosteroidei (es. cortisone) si è ritrovato ingrassato di svariati chili senza aver modificato le proprie abitudini alimentari. 
 
Negli individui iperlipogenetici, con prevalenza dell’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surreni, già al mattino esistono dei livelli di cortisolo particolarmente elevati che tendono ad innalzare la glicemia, per cui non è raro trovare una glicemia a digiuno abbastanza elevata. 

Se si assumono troppi carboidrati al mattino la glicemia si innalza ulteriormente con uno stimolo insulinico particolarmente ingrassogeno perché trova come substrato, oltre che il glucosio proveniente dal pasto, anche quello prodotto dalla neoglucogenesi, prodotta dal cortisolo. 

Viceversa lo stimolo insulinico di un pasto ricco di carboidrati consumati prevalentemente alla sera, preceduto da pasti low carb, trova una situazione di bassi livelli di glicogeno sia a livello epatico che muscolare, soprattutto se la persona durante la giornata ha eseguito anche una discreta attività fisica. Anche un basso livello di glucosio nel sangue, e quindi la stimolazione insulinica causata dai carboidrati del pasto serale, favorisce la sintesi soprattutto della riserva di glicogeno epatico e attiva tutti quei meccanismi di regolazione ormonale visti precedentemente che riguardano la leptina, la Ghrelina, la serotonina. Quindi il cortisolo metterà l’organismo nelle condizioni di dimagrire più facilmente e soffrendo meno la fame. 
 
Questo fatto non è irrilevante anche se qualcuno potrebbe dire “a me non interessa soffrire la fame se alla fine ho un risultato” ma il problema è che la “fame” cronica è generatrice di stress cronico e la secrezione di cortisolo indotta dallo stress cronico favorisce l’aumento del grasso viscerale addominale ancora di più rispetto al grasso sottocutaneo. 
Il grasso viscerale è particolarmente individuabile perché è associato alla resistenza insulinica, all’ipertensione, alle malattie cardiovascolari e al diabete. 

Quindi lo stress mentale derivante da una restrizione alimentare con una bassa “compliance” induce ad un aumento della secrezione del cortisolo che aumenta ulteriormente l’appetito e favorisce l’aumento del grasso a livello addominale. 

Senz’altro nei soggetti iperlipogenetici tendenzialmente cortisolo-responder-stress-correlato, il pasto più a rischio è la cena, dove sentono l’esigenza di rilassarsi e di conseguenza assumere i carboidrati in questo pasto aumenta la loro “compliance” nei confronti della dieta anche a parità di calorie assunte quotidianamente, diminuendo così i livelli di stress e cortisolo già tendenzialmente alti. 
 
Ma allora che sia da ribaltare l’antico detto “fai una colazione da re, un pranzo da principe e una cena da povero”? Oppure va interpretato in maniera diversa, nel senso che nei tempi passati la carne, la selvaggina, cioè le proteine, erano appannaggio soprattutto dei ricchi e dei nobili ed invece i poveri si rimpinzavano di carboidrati ovverosia pane e che quindi “cena come un povero” significhi mangia carboidrati alla sera? 
 
Ovviamente questa mia ultima ipotesi è una provocazione ma rimane senz’altro il fatto che non esiste un criterio univoco di alimentazione corretta ma la stessa deve essere personalizzata sulla base del sesso, delle predisposizioni genetiche, dei bioritmi individuali, delle condizioni ambientali e quindi secondo i concetti della cronormorfodieta oDieta COM.


Dottor Massimo Spattini 
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